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Riflessioni sul senso di Comunità


Sento il desiderio di costruire uno strumento che contrasti la deriva in quel “semplicemente” per cogliere la complessità delle forze che sottendono e condizionano i nostri vissuti.


Dietro le difficoltà turbinano i cambiamenti, come un vortice che tracima in prossimità di un orizzonte degli eventi ineludibile. Per compensare la disanima del mondo in cui viviamo, è vitale trovare un nuovo approdo, una base da cui ripartire.


“Nell’età della tecnica presieduta dalla ragione strumentale, i vecchi valori (Dio-Natura-Cosmo) sono stati aboliti e, senza orizzonte di riferimento, la libertà individuale diventa auto referenziale e si arresta solo di fronte alla maggiore forza dell’altro. Ogni uomo e ogni donna è chiamato-a a essere fedele a stesso-a e a ricercare la propria autenticità”. (Umberto Galimberti)


Questa ricerca trova senso e corrispondenze con gli altri in una sincera apertura verso prospettive assimilabili, in collegamento con la grande energia che ci accomuna.

Una chiave che apra la porta in cui si incardinano ricerca di senso e ricerca di senso ulteriore.

Uno scaturire che richiede consapevolezza e tanta pazienza nell’osservare le incrinature del proprio personale contenere.


Accendiamo il fuoco dell’immaginazione così ben custodito in noi.


Questa prospettiva sul divenire parte da un vuoto di intendimenti.

L’infinito, ovvero la mancanza del limite, si confronta con la finitezza della natura del percepito. Nasce un’attesa di senso, una sospensione che coglie l’urgenza di una rinascenza individuale e di insieme.

Un compito impegnativo, una pervasività che spinge la memoria nel ricordo di un sentire originario, in piena freschezza, come nell’alba della vita. Il collegamento tra il dentro e il fuori ci restituisce sapidità e ci rende edotti, come motori immobili della meravigliosa e terrificante creazione.

Una base, un nocciolo duro, ma non così compatto da non lasciarsi assimilare.

Siamo invasivi, non ci accontentiamo e non facciamo tesoro delle tante sofferenze che sovvertono i nostri intendimenti. Siamo determinati a proseguire senza mai pensare al prezzo che paghiamo, come fossimo immemori di un così lungo travaglio.


“Dobbiamo imparare a virare. Per essere in grado di vedere le svolte giuste, dobbiamo saper vedere quelle sbagliate. Sul fondo si trova il terreno migliore per seminare e far crescere qualcosa di nuovo. In quel senso, toccando il fondo, sebbene ciò sia estremamente doloroso, si trova anche il terreno per la semina” (Clarissa Pinkola Estés)


Antonio Tola

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